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Tecniche artigianali che si tramandano di generazione in generazione: il lavorente nel reparto tini nella cartiera di Fabriano

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Il “lavorente”, ripetendo gli stessi gesti dei cartai fabrianesi del XIII secolo, immerge la “forma” nel tino e ne estrae ogni volta la stessa quantità di pasta che distribuisce su tutta la superficie della tela. Poi, appena il foglio si è formato, il lavorente passa la forma al “ponitore”, il quale, dopo aver lasciato per un momento scolare l’acqua, adagia la forma su un feltro di lana determinando il distacco del foglio dalla tela.[1]

Fin dal XIII secolo la nostra città è famosa per la fabbricazione della carta a mano che ancora oggi, grazie ai mastri cartai, continua ad essere prodotta seguendo le stesse tecniche adottate sin dal Medioevo. Se la carta di Fabriano è rinomata in tutto il mondo, lo si deve anche alle precise gestualità che questi artigiani compiono nelle diverse fasi che si susseguono per la realizzazione di un foglio finito.
Riuniti sin dal 1326 nell’antica corporazione medievale e poi nella Pia Università dei Cartai, i mastri cartai fabrianesi si sono tramandati di generazione in generazione – e per quasi otto secoli – i metodi di lavoro che hanno permesso la continuazione ininterrotta dell’arte. Basti pensare che ancora oggi nella ex Cartiera Fornari (le “cartiere seconde” per i fabrianesi) – poi Stabilimento Succursale delle Cartiere Miliani Fabriano – sono visibili le vecchie pile a magli multipli utilizzate fino agli anni ’70 e i vecchi tini e i cilindri olandesi raffinatori che invece sono tutt’ora in funzione. È grazie ai lavorenti, ai ponitori ed ai tenitori di una volta che oggi le antiche tecniche di fabbricazione della carta a mano sono ancora utilizzate. In passato era un onore far parte dei lavorenti e spesso la manualità si tramandava di padre in figlio, spesso chiedendo – una volta assunti – di essere ammessi alle lavorazioni del reparto tini per continuare la tradizione di famiglia. Per capire l’orgoglio e l’importanza di essere degli artigiani della carta a mano si possono recuperare online gli storici filmati delle Teche Rai, come quello del 1958 intitolato “Nella città dei Maestri Cartai”. Nel film si possono ammirare tutte le fasi di realizzazione: l’immersione della forma nel tino, l’abilità nel fare il foglio, la precisione nel distacco di quest’ultimo dallo strumento e infine la pressatura che permette al foglio di staccarsi dal feltro. Come detto, ogni passaggio è importante perché è inutile formare un bel foglio per poi rovinarlo successivamente.
Per un istante il presente si intreccia con il passato e ci piace immaginare “vecchi” lavorenti che hanno fatto la storia delle Cartiere Miliani – come Vincenzo “Cencio” Bucciarelli, Bruno Bravetti, Manlio Bolzonetti, Ezio Pacini, Franco Grifoni, Ferruccio Riccioni, Maurizio Ragni – lavorare insieme al tino ai più “giovani” Ferdinando “Polverò” Acuti, Pino Castiglia, Mario Ciappelloni, Agostino Biocco e Riccardo Biagelli (solo per citarne alcuni).

                                                                         

Figura principale all’interno del reparto tini è quella del lavorente. Ci siamo fatti raccontare da tre di loro su come si sono avvicinati a questa professione.

Lavorente di ieri. Giuseppe “Pino” Castiglia fa parte della generazione di mezzo. Assunto dalle Cartiere Miliani nel 1977, entra subito nel reparto della carta a mano dove può ricevere i preziosi consigli dei più esperti Riccioni, Bucciarelli e Pacini. Come richiedeva la gavetta è inizialmente tenitore, ma grazie alle proprie abilità passa velocemente a lavorente sul “tino intero”, o ponitore in caso di necessità. In quel periodo, infatti, si lavorava a “tino intero” con sei persone: due tenitori, due ponitori e due lavorenti, che in maniera alternata ruotavano allo stesso tino, in modo che la produzione non avesse interruzioni. Anche per Castiglia, come tanti prima e dopo di lui, l’esercizio con la lamina d’acciaio è stata fondamentale per imparare i movimenti delle braccia. Nei suoi anni di attività in cartiera erano d’abitudine gli incentivi lavorativi che, oltre ad un minimo di produzione, premiavano la qualità del prodotto finito. Di quel periodo va inoltre ricordata la mitica pannella di feltro allacciata alla vita e gli zoccoli di legno che caratterizzavano l’abbigliamento del “mastro cartaio”.

Lavorente di oggi. Riccardo Biagelli, perito cartaio, lavora in cartiera dal 2002. Entra come tenitore nel reparto della carta a mano. È impiegato tutt’oggi ai tini ma in modalità di “mezzo tino”, dove operano cioè tre persone. Come i colleghi che lo hanno preceduto, ha avuto mastri più anziani per apprendere l’arte della carta fatta a mano. Gli strumenti che vengono usati sono gli stessi utilizzati dalle Cartiere Miliani nel corso del Novecento, molto simili a quelli adoperati a Fabriano già nel XIII secolo. La sua esperienza in cartiera inizia come tenitore per poi divenire lavorente o “mastro cartaio” grazie alle capacità dimostrate nella lavorazione al tino. Infatti, con l’aiuto del suo mentore Giuseppe Castiglia, Riccardo inizia ad usare una lastra d‘acciaio sopra al tino riempito di solo acqua – senza la fibra – per imparare il corretto movimento delle braccia, che devono muoversi in modo che l’acqua rimanga in maniera uniforme sulla lastra stessa. Sono questi movimenti che, effettuati durante la produzione, fanno sì che il foglio si realizzi omogeneo su tutta la superficie. Alla fine di questo addestramento, lungo e faticoso, per Riccardo si aprono le porte della lavorazione della carta a mano e della filigrana. Ogni tipo di carta ha la sua ricetta e così sia la fibra che il foglio cambiano a seconda del prodotto finale che viene richiesto. Oggi, lui e i suoi colleghi fanno sì che la storia continui.

Lavorente di passione. La storia di Cinzia Franceschelli non comincia con una assunzione alle Cartiere Miliani, tanto meno si riferisce al mondo della carta, ma inizia con il Palio di San Giovanni Battista e con la passione per l’artigianato storico. Nel 2005 inizia a girare nelle rievocazioni per conoscere artigiani e portarli a Fabriano, poi si appassiona all’arte che da sempre contraddistingue la sua città adottiva: la carta e la sua storia. Oggi fa parte dei “mastri cartai” di Fabriano che fabbricano carta a mano al di fuori dell’azienda. La sua bottega è in strada, nelle rievocazioni storiche d’Italia e non solo: nelle scuole, negli eventi aziendali o anche per i matrimoni. Viaggia, carica, scarica, monta e smonta il suo banco su e giù per l’Italia, con fatica perché l’attrezzatura è pesante, ma con la soddisfazione di vedere le persone che ascoltano, si interessano, domandano e provano a fare la carta. Questa è un’emozione che ripaga di tutte le fatiche. La dimostrazione della lavorazione al tino è infatti molto apprezzata e attesa: tutti vogliono provare e tutti se ne vanno con un foglio di carta in mano, arricchiti di una storia che può sembrare d’altri tempi ma che è ancora così attuale e fantastica. Fabriano è dal 1264 che fa carta e ancora oggi si usano le stesse tre importanti innovazioni: la filigrana per riconoscerla, la collatura per scriverla, la pila a magli per produrla. Quest’ultima invenzione, oltre ad essere stata la prima macchina industriale che ha ridotto la fatica dell’uomo, ha aumentato la produzione dell’impasto e contribuito al sempre minore utilizzo dell’uso della pergamena. All’inizio molti fanno gli spiritosi quando vedono il tino pieno di acqua bianca e gli domandano se fa le mozzarelle o il bucato, ma poi restano ammirati nel seguire la magia che si ripete da secoli: la creazione del foglio di carta. D’altronde, l’interesse e l’attenzione non diminuiscono verso un’arte che va rispettata, protetta e tramandata.

                                                            

      

Pia Università dei Cartai

Didascalie immagini:

  1. 1958 – Reparto tini CMF con in fondo Bruno Bravetti al tino (TECHE RAI)
  2. 1977 – Reparto tini CMF con Ferruccio Riccioni al tino (TECHE RAI)
  3. Le mani di Riccardo Biagelli “affondano” la forma nel tino (®FABRIANO)
  4. Cinzia Franceschelli durante una rievocazione storica.

[1] U. Mannucci, La gualchiera medioevale fabrianese, Fabriano, Museo della carta e della filigrana, 1992, p.14.

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